!! For English version use Google website translator gadget at the top of this page !!
CLICCA SUL LINK PER VISUALIZZARE IL FILMATO
Passato e Presente Alessandro Barbero racconta -El Alamein-
Gli avversari
Erwin Johannes Eugen Rommel (1891-1944)
Nacque a
Heidenheim nello stato del Württemberg. Secondo i voleri del padre, nel 1910 si
arruolò nel 124° Reggimento di Fanteria come ufficiale cadetto. Durante la
prima guerra mondiale, Rommel prestò servizio nel corpo degli Alpen
Korps in Francia, sul fronte rumeno e italiano. Venne ferito tre volte
e premiato con la Croce di Ferro di prima e seconda classe.
Dopo aver combattuto nella battaglia di Caporetto e nella battaglia di
Longarone in cui fece 9000 prigionieri, fu il più giovane militare a ricevere
la più alta onorificenza tedesca, la "Blauer Max" (Pour le
Mérite).
Reduce dalla Grande Guerra, fu comandante di reggimento e istruttore alla
Scuola di Fanterie di Dresda (1929-1933) e all'Accademia di Guerra di Potsdam
(1935-1938). Nel 1938, Colonnello, per le sue innovative idee sull'uso dei
carri armati, ottenne il comado dell'Accademia di Guerra di Wiener Neustadt.
Poco dopo fu posto al comando del battaglione di protezione personale di Adolf
Hitler. Nell'agosto 1939 fu promosso a Generale di divisione poco prima
dell'invasione della Polonia.
Scoppiata la Seconda guerra mondiale, partecipò dapprima con successo alla
campagna di Francia al comando di una delle divisioni che sfondarono nella
Francia del nord aggirando la Linea Maginot ed avanzando sino ad arrivare sulla
Manica, poi gli venne affidato il comando della 7ª Panzer-Division per
l'invasione. Quindi venne nominato, da Hitler in persona, comandante delle
truppe tedesche in Africa e inviato in Libia nel febbraio del 1941 in aiuto
delle truppe italiane, formando così i celebri Deutsches Afrika Korps e
ottenendo vittorie strabilianti, tanto da essere soprannominato "La
volpe del deserto" ("Wüstenfuchs").
Audacissimo ed imprevedibile, insofferente dei vincoli gerarchici e dei
problemi tecnico-logistici, le sue qualità si manifestavano soprattutto in fase
offensiva e controffensiva: riusciva sempre a colpire quando e dove il nemico
meno se lo aspettava.
![]() |
Erwin Rommel |
Poco
interessato a costruire con i comandi alleati e connazionali un clima di
collaborazione, di carattere spigoloso, autoritario ed inflessibile, tutti i
comandanti e i semplici soldati nemici o tedeschi, riconobbero immediatamente
in lui il genio o un esempio da seguire. In combattimento utilizzava le forze
corazzate come flotte nell'oceano sabbioso del deserto, realizzando profonde e
rapide penetrazioni e altrettanto rapide conversioni aggiranti, senza mai
curarsi dei fianchi dell'avanzata e dei rifornimenti. I generali italiani,
impreparati alla guerra moderna, ne restarono disorientati, rimproverandolo per
le tecniche poco ortodosse da lui utilizzate; quelli nemici, spesso dotati di
forze superiori furono più volte duramente sconfitti. L'offensiva di Rommel
spinse le forze britanniche fuori dalla Libia e, dopo la caduta di Tobruk,
oltre il confine egiziano sulla strada verso Alessandria. L'offensiva
italo-tedesca però, a causa della scarsità dei rifornimenti, si esaurì ad El
Alamein, appena un centinaio di chilometri da Alessandria. Tornato in Germania,
dove il 22 giugno 1942 ottenne la carica di Feldmaresciallo, chiese più volte
l'invio di nuove truppe ad El Alamein. Ma Hitler (che considerava secondario il
fronte africano) non accolse le richieste.
Rientrato in Africa, Rommel non potè evitare la sconfitta ad El Alamein, ma
seppe condurre, con grande abilità, una ritirata di circa 2.000 km, dall'Egitto
alla Tunisia, ove la lotta riarse per altri cinque mesi, ottenendo il suo
ultimo successo sugli americani, nella battaglia del passo Kasserine.
Tornato in
Germania nel marzo del 1943, Rommel rimase per qualche tempo inattivo. In
seguito ebbe altri incarichi di alta responsabilità, come l'organizzazione
delle difese del Vallo Atlantico.
Frequentando gli ufficiali anti-hitleriani si convinse della realtà criminale
del regime e, dopo lo sbarco in Normandia, il 18 luglio 1944 la sua autovettura
venne mitragliata da un aereo che alcuni storici affermano appartenente alla
Luftwaffe e mandato sotto ordine diretto di Hitler, Rommel fu ferito e dovette
essere ricoverato. Malgrado fosse in ospedale in Germania al momento
dell'attentato al Fuhrer del 20 luglio 1944, venne accusato di avervi in
qualche modo partecipato. Arrestato e costretto a scegliere tra il processo
alla corte marziale per alto tradimento ed il suicidio, si tolse la vita con
una fiala di cianuro il 14 ottobre 1944 per scongiurare crudeli rappresaglie
contro la moglie ed il figlio.
Sir Bernard Law Montgomery,
1° visconte Montgomery di Alamein (1887-1976)
Nasce a
Kennington Oval (Londra) il 17 novembre 1887. Di origini irlandesi trascorse
gran parte della sua infanzia in Tasmania (Australia), dove il padre era
vescovo anglicano. Rientrato in Irlanda con la famiglia, nel 1908 iniziò la
carriera militare in Gran Bretagna al Royal Military College di Sandhurst da
cui uscirà col grado di Sottotenente. Partecipa alla Prima Guerra Mondiale con
il grado di Capitano nel Corpo di spedizione britannico in Francia e in Belgio;
ferito due volte in combattimento nel 1914 fu decorato. Dopo la guerra militò
in Renania, Irlanda, Egitto e India. Nel 1934 fu nominato Colonnello e solo nel
1937 divenne Generale, poi, l'anno successivo, comandò una divisione in
Palestina e Transgiordania.
All'inizio della seconda guerra era comandante della 3ª Divisione di fanteria,
con la quale combatté in Francia durante l'attacco tedesco e fu poi costretto a
reimbarcare tutti i suoi uomini a Dunkerque. Fino al 1942 ha il comando del
settore sud-est dell'Inghilterra. Alla metà dello stesso anno, per ordine del
primo ministro inglese Churchill, gli fu affidato il comando dell'VIII Armata
in Egitto, quando la spinta offensiva delle armate italo-tedesche si era ormai
esaurita ad El Alamein. Qui tra i mesi di ottobre e novembre raggiunge la
gloria, sconfiggendo nella battaglia di El Alamein Rommel e la Deutsches
Afrika Korps.
![]() |
Bernard Montgomery |
Metodico e minuzioso organizzatore, profondo conoscitore dei metodi e della
mentalità dei militari tedeschi, analizzati quando era di stanza in Renania,
per molti storici non fu un vero e proprio stratega d'alto livello. Ad El
Alamein Montgomery vinse grazie al fatto che Rommel si trovava già da tempo in
una situazione logistico-organizzativa difficile a causa della mancanza di
rifornimenti, e al fatto che si trovò ad operare con un enorme vantaggio essendo
le forze alleate in forte superiorità numerica. Montgomery inoltre aveva il
vantaggio di poter disporre di informazioni riguardanti i movimenti di Rommel e
dei suoi rifornimenti grazie ad Ultra, il sistema inglese che decriptava i
messaggi tedeschi trasmessi con il sistema Enigma. Nonostante ciò ad El Alamein
le truppe dell'Asse riuscirono a fermare per alcuni giorni le truppe di
Montgomery, secondo alcuni, anche per la sua tendenza a voler operare in
condizioni di netta superiorità numerica per assicurarsi la vittoria piuttosto
che tentare mosse azzardate.
Nel luglio del 1943 partecipa allo sbarco in Sicilia e a dicembre viene
richiamato in patria, per essere posto al comando dello SHAEFF, l'organo
interalleato che organizza lo sbarco in Normandia, a cui poi partecipa dopo
essere stato nominato Maresciallo, col 21° Corpo d'Armata; con questo ruolo
partecipò all'ultima fase della guerra sul fronte occidentale.
Dopo la guerra nel 1946 viene insignito del titolo di Visconte di El Alamein e
nominato Capo di Stato Maggiore Imperiale. Divenuto famoso anche per il suo
tipico cappotto che darà il via alla moda, appunto, del "montgomery",
comandò il corpo di occupazione britannico in Germania e fu vice comandante
supremo di tutte le forze NATO fino al 1958. Muore a Inlington Mill, presso
Alton nell'Hampshire, il 24 marzo del 1976.
Gli antecedenti
Il 1942 fu l'anno delle ultime illusioni di vittoria per le nazioni dell'Asse. Il primo semestre vide ancora qualche successo delle forze italo-tedesche e giapponesi, ma poi si svolsero su tre fronti, in tre continenti diversi, altrettante battaglie risolutive: il tentato attacco all'isola di Midway nel Pacifico (3-5 giugno); Stalingrado (settembre 1942 - febbraio 1943); El Alamein (ottobre - novembre 1942).
Non appena
dichiarata guerra alla Francia e all'Inghilterra, l'Italia avrebbe dovuto
attaccare l'isola di Malta che, con i suoi aereoporti ed il munito porto,
costituiva una vera e propria minaccia per tutti i traffici italiani, militari
o mercantili, con la colonia nord-africana. Nonostante ciò, l'attacco aereo fu
sferrato solo nel 1942, quando era ormai evidente che nessuna vittoria sarebbe
stata possibile in Africa se non si fosse rimosso quell'ostacolo ai
rifornimenti. Contemporaneamente, si avviò la preparazione
dell'"Operazione C3", il vero e proprio assalto all'isola, che
avrebbe dovuto essere effettuato con aviolanci di paracadutisti, sbarchi
preliminari di incursori, veri e propri sbarchi in grande stile di mezzi
pesanti e truppe d'occupazione immediatamente dopo la ripresa dell'offensiva
sulla piazzaforte di Tobruk.
Intanto in
Africa in giugno tutto era ormai predisposto per la nuova offensiva
italo-tedesca. Guidate da Rommel, le divisioni dell'Asse conquistarono Tobruk,
unico importante porto della Cirenaica, dopo diciassette mesi di occupazione
britannica, infliggendo all'VIII Armata inglese la perdita di 5 generali,
30.000 uomini e migliaia di tonnellate di carburtante, viveri, munizioni e
materiale bellico. Rommel insistette allora presso Hitler perchè fosse rinviata
la presa di Malta, e tutte le energie fossero concentrate per sostenere
l'avanzata della sua Armata verso Alessandria, approfittando del caos totale in
cui versava l'esercito avversario: poche settimane ancora, e prima il canale di
Suez, poi il Medio Oriente con le sue riserve petrolifere, potevano cadere
nelle mani italo-tedesche. Il Fuhrer, spinto dai brillanti successi di Rommel,
convinse allora Mussolini a sospendere l'"Operazione C3", ma non
accolse le richieste sull'invio di nuove truppe (fu inviata solo la 164ª
divisione di supporto), decretando nei fatti la condanna all'annientamento
dell'Asse in Nordafrica.
Entro il 28
giugno le avanguardie dell'Asse avevano abbondantemente superato il confine
egiziano, sconfitto di nuovo i Britannici a Marsa Matruh e raggiunto la
località di Fuka. In poco più di un mese Rommel aveva percorso combattendo
circa 650 km di deserto e fatti circa 40.000 prigionieri. Davanti a lui, prima
di Alessandria, si trovava adesso soltanto la stazione ferroviaria di El
Alamein ("le due bandiere") e un appena abbozzato complesso di difese
dove si affrettavano a trovare rifugio tutte le disperse unità inglesi, in
precipitosa ritirata dalla Libia, ed i rinforzi provenienti dal Medio Oriente.
Ad El Alamein Rommel, però, disponeva ormai solo di 7.500 fanti e 85 carri
armati tedeschi, 5.550 fanti, 30 carri e 200 cannoni italiani; tuttavia, decise
di perservare negli attacchi, nella convinzione di avere di fronte a sè
soltanto i resti malridotti di unità in fuga.
Il 25 luglio
1941 aveva preso il comando dell'VIII Armata britannica il generale Claude
Auchinleck che, non condividendo il pessimismo degli altri generali inglesi,
aveva scelto proprio El Alamein come centro di resistenza ad oltranza. La linea
di difesa prescelta per El Alamein bloccava entrambe le strade e la ferrovia
per Alessandria, era lunga 64 km in direzione nord-sud e andava dal mare alla
sabbiosa depressione di El-Qattara, ove il terreno e le temperature infernali
rendevano impossibile il transito ai mezzi corazzati: per la prima volta
dunque, Rommel non avrebbe potuto aggirare il fianco meridionale delle
posizioni nemiche.
Dalla battaglia di movimento a quella di posizione
![]() |
Gen. Claude Auchinleck |
Per tutto luglio, in quella conosciuta come la prima battaglia di El Alamein, si susseguirono attacchi dell'Asse e contrattacchi britannici, nessuno dei quali decisivo, e senza un chiaro vincitore.
Il 1 luglio l'Afrika Korps attaccò ma la resistenza della linea britannica nei pressi di El Alamein fece arrestare l'avanzata delle forze dell'Asse.
Il 2 luglio Rommel, volendo sfondare nei pressi di El Alamein, concentrò le sue forze a nord. Auchinleck fallì un contrattacco al centro delle linee dell'Asse, ma ebbe più successo a sud, contro le truppe italiane. Rommel decise quindi di riorganizzarsi e di difendere la linea conquistata.
Il 3 luglio la 132ª divisione corazzata "Ariete" diede prova di grande coraggio meritandosi la stima del feldmaresciallo e degli stessi avversari. Con una trentina di carri e circa 600 bersaglieri, l'Ariete, attaccò il dispositivo difensivo britannico, senza attendere che la 101ª divisione motorizzata "Trieste" le coprisse il fianco destro ma, contrattaccata da tutti e due i lati, fu costretta a ripiegare sulle linee della divisione Pavia.
Il 10 luglio Auchinleck attaccò il settore nord a Tel el Eisa prendendo un migliaio di prigionieri e il successivo contattacco di Rommel non ottenne grossi risultati.
Il 14 luglio e il 21 luglio Auchinleck attaccò ancora al centro, sul crinale di Ruweisat, ma nessuna delle due battaglie ebbe successo e costò la perdita di 700 uomini.
Altri due attacchi vennero lanciati il 27 luglio, uno fallimentare a Tel el Eisa, l'altro, disastroso, a Miteiriya. I campi minati non erano stati ripuliti e la fanteria venne lasciata, senza il sostegno dell'artiglieria, a fronteggiare il contrattacco tedesco.
Il 31 luglio Auchinleck ordinò la fine dell'offensiva e il rafforzamento delle difese per contrastare una massiccia controffensiva, che riteneva ormai imminente.
La battaglia di El Alamein finì in stallo, tuttavia dal punto di vista strategico l'arresto dell'avanzata delle truppe dell'Asse verso l'Egitto può considerarsi un successo britannico.
Il fronte di El Alamein si andava consolidando, ma, mentre l'VIII Armata continuava a ricevere rinforzi, l'Asse al contrario si andava indebolendo. La cessazione dei bombardamenti su Malta faceva sentire il suo effetto: i convogli italiani di rifornimento sbarcavano a Bengasi e dovevano percorrere circa 1.100 km di strada per raggiungere il fronte ad El Alamein, spesso sotto il bombardamento dell'aviazione inglese. A metà agosto Rommel era ancora privo di 16.000 uomini, 210 carri armati e 1.500 autocarri che gli erano stati promessi, e per sopravvivere doveva ricorrere alle ormai esigue scorte che si era procurato a Tobruk. Inoltre, Auchinleck, per decisione di Churchill, era stato sostituito l'8 agosto dal generale Montgomery, che avrebbe portato la sconfitta dell'Asse nella seconda battaglia di El Alamein.
![]() |
El Alamein - Carri italiani M13/40 |
L'88 Flak
Questa famosa arma controcarro tedesca di 88 mm fu uno dei cannoni di maggior successo nella Seconda Guerra Mondiale. Fece la sua comparsa nel corso della Prima Guerra Mondiale, quando i cannoni di questo calibro venivano utilizzati come contraerea. Era montato su un rimorchio a 4 ruote appositamente attrezzato con due travi laterali azionate da martinetti idraulici che venivano posizionate per assicurare la piattaforma. Entrarono in servizio nel 1916 prodotti da due stabilimenti, la Krupp di Essen e la Rheinmetall-Borsig con il nome di Geschutze 8,8 Kw Flak(abbreviazione per FLUG ABWEHR KANNONE).
Con il Trattato di Versailles del 1919, alla Krupp e alla Rheinmetall furono imposti limiti sulla produzione di cannoni. Al fine di eludere le restrizioni da parte della Commissione Disarmo, nel 1921, la Krupp fece un accordo con la Bofors in Svezia per continuare a sviluppare i cannoni. Nel 1928, la squadra della Krupp al lavoro in Svezia, aveva sviluppato un nuovo cannone di 88 mm della lunghezza di 53 calibri, 4,664 m (anche se era indicato come L56), con un raffinato meccanismo di otturazione a movimento orizzontale semiautomatico, attivato da una molla messa in tensione dal rinculo del pezzo.
La produzione del nuovo 88 mm iniziò direttamente in Germania nel 1933, momento in cui il regime nazista denunciò la maggior parte delle restrizioni del Trattato di Versailles, con la designazione di 8,8 Flak 18, e fu in dotazione al reparto della Luftwaffe inviato in appoggio alle truppe nazionaliste nella guerra civile spagnola, 1936-39. Qui fu impiegato principalmente nel ruolo antiaereo per cui era stato progettato, poi, dal 1937, fu considerato utile anche nel ruolo controcarri. Nonostante questi risultati non tutti erano convinti della soluzione di utilizzare cannoni contraerei come controcarri, tuttavia si continuarono a studiare proiettili perforanti per questa arma.
Il Flak 18 aveva una canna in due pezzi, l'affusto era a crociera (kreuzlafette) su un piedistallo relativamente alto, per permettere il movimento dell'otturatore anche alla massima elevazione, aveva un brandeggio di 360° con il movimento in elevazione da -3° a 85°, permettendo quindi di impiegare il cannone anche per bersagli terrestri. In ordine di marcia due travi della crociera erano sollevate e le altre erano messe su carrelli a ruota singola. Piuttosto pesante ed ingombrante il cannone, in seguito all'esperienza di combattimento in Spagna, dimostrò una notevole precisione sia nel tiro terrestre che in quello contraerei, ma la canna dopo un certo numero di tiri andava sostituita completamente e inoltre la messa in batteria si mostrò difficoltosa e comunque richiedeva tempi lunghi.
Nel 1936-37, quindi, furono apportati alcuni miglioramenti. Il nuovo modello,
l'8,8 Flak 36, aveva la canna costruita in tre sezioni separate
intercambiabili, tenute insieme da un manicotto esterno, facilitando quindi la
sostituzione delle canne usurate dal tiro e risparmiando così sull'impiego sia
di mano d'opera sia di materiale nel corso della vita del cannone. La
piattaforma a crociera fu conservata, ma ne fu aumentata la stabilità e furono
modificati i carrelli, che ora divennero intercambiabili (Sonderanhaenger
201), il movimento poteva avvenire con la canna rivolta sia in avanti che
indietro, e il sistema di montaggio facilitato accorciava i tempi richiesti per
mettere il pezzo in batteria. Ma il miglioramento più importante con i carrelli Sonderanhaenger
201, era dovuto alla possibilità di sparare a bersagli terrestri anche in
ordine di marcia. Dal 1938 i carrelli Sonderanhaenger 201 furono montati anche
sui Flak 18 e, dal 1940, sia il Flak 18 che il Flak 36 su furono dotati di una
scudatura fissata all'affusto del pezzo, per proteggere l'equipaggio dal trio
delle armi leggere quando veniva utilizzato contro bersagli a terra. I modelli
più recenti di Flak 36 furono dotati di carrelli con sistema di montaggio
migliorato e ruote gemellari, il Sonderanhaenger 202.
![]() |
Flak 36 su Sonderanhaenger 202 |
In ordine di marcia su Sonderanhaenger 201, il Flak 18 e 36, pesava 7 tonnellate. Per trainarlo erano richiesti trattori particolarmente potenti, il veicolo maggiormente utilizzato fu l'SdKfz 7, semicingolato da 8t costruito dalla Krauss-Maffei. Aveva il motore sistemato davanti con un corto albero di trasmissione che azionava una ruota motrice anteriore e il treno di rotolamento a 5 ruote sfalsate con struttura a raggiera, 3 file di posti a sedere per circa una dozzina di uomini e dei cassoni nella parte posteriore per le munizioni e le attrezzature.
L'equipaggio era di 11 uomini con un numero di munizioni che variava a seconda dell'impiego.
I proiettili erano tutti a cartoccio proietto (corpo unico) del tipo ad alto esplosivo (HE), che pesava 9,1 kg, perforante (AP), del peso di 9,5 kg, o fumogeno. La cadenza di tiro era di 15-20 colpi al minuto con una velocità iniziale del proiettile alla bocca di 820 m/s con HE e 800 m/s con AP.
Sia il Flak 18 che il Flak 36 raggiungevano una quota massima di 10700 m e la massima gittata nel tiro terrestre era di 16200 m, quando utilizzati come arma anticarro potevano impegnare bersagli con il tiro nel primo arco (tiro diretto) fino a 3000 m (era in grado di perforare qualsiasi corazza alleata entro i 2.500 metri di distanza).
![]() |
SdKfz7 con FlaK 18 ad El Alamein |
I Flak 18 e 36 venivano impiegati principalmente come cannoni antiaerei, ma il 21 maggio 1940, nei pressi di Arras in Francia, la 7ª Panzerdivision, comandata da Rommel, fu attaccata da due divisioni di fanteria e una brigata corazzata inglesi. I carriMatilda britannici ebbero presto la meglio sui carri tedeschiPzKpfw 38(t). Rommel ordinò allora di mettere in posizione gli "88" che ebbero ragione delle corazze dei carri britannici. Da quel momento l'utilità degli "88" nell'uso controcarri non fu più messa in discussione e Rommel continuò ad usare gli "88" come arma controcarri per tutta la Campagna del Nord Africa compresa El Alamein.
In Africa i Flak 18 e 36 esordirono in occasione della difesa del Passo Halfaya, una località posta al confine tra Egitto e Libia, durante la battaglia di Sollum, giugno 1941. Con tiro a corto raggio da postazioni difensive, distrussero 123 su 238 carri armati inglesi, un carro britannico abbattuto ogni 20 colpi di "88" sparati. Da allora in poi, l'Halfaya Pass venne chiamato dai carristi inglesi, con un evidente gioco di parole, Hellfire Pass, ossia «il passo del fuoco d'inferno».
![]() |
Messa in batteria di un FlaK 36 |
Simile al Flak 36, il Flak 37 è stato prodotto
specificatamente come cannone antiaereo, dotato di un nuovo sistema di
trasmissione dati elettromeccanico, denominatoUbertragungser 37, adatto
solo per bersagli aerei.
Più importante di tutti il Flak 41, sviluppato e prodotto dalla
Rheinmetall-Borsig come un vero cannone multiuso anticarro/antiaereo. Il
meccanismo di recupero e di ammortizzazione del rinculo fu rivisto, spostando
la culla in posizione orizzontale e sostituendo il piedistallo con un perno per
abbassare l'altezza del pezzo su una piattaforma a crociera più ampia di quella
del Flak 36, i carrelli a ruote gemellari Sonderanhaenger 202 erano di serie.
La canna fu allungata a 72 calibri, cioè 6,336 m (anche se era definito L74) e
rafforzata, costruita in tre parti tenute unite da un manicotto. La cadenza di
tiro era di 20 colpi al minuto con una velocità iniziale del proiettile alla
bocca di 945 m/s. Il Flak 41 entrò in servizio nel 1943.
Anche la Krupp era impegnata nello sviluppo di un cannone multiuso da 88 mm, ma l'uscita del Flak 41 della Rheinmetall portò alla decisone di mantenere il modello Krupp specificamente come anticarro (Pak). Denominato Pak 43, il cannone Krupp era sempre su affusto a crociera, ma con una capacità di tiro in elevazione ridotta, da -8 a 40° e una riduzione dell'altezza del piedistallo. Il meccanismo dell'otturatore era sempre a scorrimento orizzontale e quello di accensione era elettrico, per potere inserire controlli di sicurezza sul fuoco. All'estremità della bocca era adattato un freno di bocca a due uscite. La canna era lunga a 71 calibri, 6,2 m, con una velocità iniziale del proiettile alla bocca di 1129 m/s, poteva penetrare 130 mm di armatura a 1500 metri. Anche il Pak 43 entrò in servizio nel 1943.
Per ridurre i tempi di messa in batteria e di ripristino dell'ordine di marcia fu abbandonato l'affusto cruciforme e adottato l'affusto a gambe divaricabili del 105 mm leFH 18/40 con due sole ruote a gommatura piena e le due gambe con due vomeri per ridurre il rinculo. Il Pak 43/41 fu anche dotato di un grande scudo di protezione dei serventi composto da più parti e raggiungeva un peso di 4355 kg.
Il fronte italo-tedesco ad El Alamein
Il fronte
italo-tedesco ad El Alamein si estendeva da Mersa el Hamra, sulla costa, al
piccolo rilievo di Qaret el Himeimat, a sud, sovrastante la profonda
depressione di El-Qattara. Tra questi due punti estremi il terreno non offriva
alcun appiglio tattico, nè caratteristiche sufficienti all'identificazione dei
luoghi, se si eccettuano alcuni piccoli rilievi o creste, come quella di Miteirya,
dove più violento si sviluppò l'attacco, corrispondenti a ondulazioni del
terreno, e le centinaia di cartelli innalzati su una rete di piste polverose
dai nomi fantasiosi, che consentivano agli uomini di orientarsi.
![]() |
Piazzamento mine ad El Alamein |
I campi
minati dell'Asse, disposti a "gabbie" per una profondità di 5-7 km,
coprivano tutto il fronte di El Alamein formando una gigantesca doppia
"S". In alcuni punti si prolungavano ben all'interno delle retrovie
amiche per offrire una protezione laterale, nelle eventualità di sfondamenti e
conversioni aggiranati operate dal nemico. La prima linea di fanteria,
denominata di "sicurezza e allarme", coincideva con il margine
anteriore dei campi minati; dietro vi era una zona di sicurezza fitta di mine e
trappole e sotto il tiro delle artiglierie. Infine a 5-7 km dalla linea di
allarme, la vera e propria linea di resistenza, profonda 2-3 km. Ancora
indietro si trovavano schierate le artiglierie di grosso calibro a lunga
gittata, e dopo di queste le riserve mobili corazzate e motorizzate,
distribuite in larghi spazi per sottrarle all'offesa aerea avversaria.
![]() |
Postazione Italiana ad El Alamein |
La linea di
sicurezza e allarme, costituita da piccoli capisaldi male e poco rifornibili,
esposti all'artiglieria avversaria doveva contrastare l'azione delle pattuglie
nemiche che di notte esploravano i campi minati per disegnarne le mappe o,
addirittura, per preparare i varchi che poi sarebbero stati utilizzati per
l'offensiva generale. La zona di resistenza era organizzata in capisaldi di
battaglione. A ciascun battaglione di fanti (in media 500 uomini se italiano)
era affidato un tratto di fronte di solito pari a circa 3 km. Questo sistema
difensivo era il massimo che si potesse realizzare in quel momento ad El
Alamein. La sua profondità e dispersione consentiva di sottrarre efficacia
all'aviazione ed artiglieria avversaria; i campi minati avrebbero dato il tempo
di far affluire le riserve nei settori minacciati; il sacrificio ed il logorio
dei pochi uomini posti a presidio della linea di sicurezza e allarme avrebbe
preservato i loro commilitoni più arretrati, consentendo loro di riprendere
forza e vigore in tempo per la battaglia finale. Ma gli italiani sarebbero
stati capaci di contrastare con il loro insufficiente armamento, i carri armati
inglesi? A questo interrogativo corrispose una decisione che ancora oggi fa
molto discutere: le linee di resistenza e sicurezza avrebbero visto interposti
reparti italiani e reparti tedeschi, cosicchè i primi potessero avvalersi delle
migliori armi anticarro germaniche. Ciò darà luogo, nei momenti più convulsi
dei combattimenti, a gravi problemi per i reparti italiani appiedati, che
spesso rimarranno con i fianchi scoperti all'attacco del nemico a causa di non
preannunciati arretramenti dei reparti motorizzati tedeschi confinanti.
Il campo di battaglia e gli schieramenti
![]() |
El Alamein - Il campo di battaglia e gli schieramenti iniziali |
Ad El Alamein
enormi distese di campi minati,Teufelgarten ("giardino del
diavolo"), vennero frapposti tra i due schieramenti; artiglierie e carri
armati, interrati e mimetizzati, presero posizione alle spalle delle fanterie
di prima linea, anche esse interrate e protette da cortine di filo spinato e trappole
anticarro. Ancora più indietro, a distanza di sicurezza dalle artiglierie
nemiche, sorsero improvvisate piste di decollo, magazzini e depositi di
carburanti, impianti di potabilizzazione delle acque, ospedali. Le immobili
distese desertiche di El Alamein erano ora animate da un'incessante attività di
preparazione per una battaglia di logoramento e quantità.
Alla vigilia
della battaglia di El Alamein l'Armata italiana era formata da 3 Corpi, due di
fanteria (X e XXI) ed uno corazzato (XX), per complessive cinque divisioni di
fanteria (17ª Pavia, 27ª Brescia, 185ª Folgore, 25ª Bologna, 102ª Trento), due
corazzate (132ª Ariete e 133ª Littorio) e una motorizzata (101ª Trieste); ilDeutsches
Afrika Korps era costituito da due divisioni corazzate (15ª e 21ª
Panzerdivision), una leggera motocorazzata (90ª Leichte division), una di
fanteria (164ª Infanteriedivision), una brigata paracadutisti (22°, Ramcke,
dal nome del suo comandante) e diversi altri reparti di supporto tra cui quello
equipaggiato con i pezzi da 88mm. Queste forze erano supportate da 340 aerei,
di cui 110 tedeschi.
Lo schieramento lungo la linea di El Alamein vedeva a settentrione, dal mare
all'altura di Miteiriya, la 164ª divisione di fanteria tedesca (gen.
Lungershausen) e la 102ª Divisione di Fanteria "Trento" (gen.
Masina); al centro, dal Miteiriya a Deir el Munassib, la Brigata paracadutisti Ramcke (gen.
Ramcke), la 25ª Divisione di Fanteria "Bologna" (gen. Gloria) e la
27ª Divisione di Fanteria "Brescia" (gen. Brunetto Brunetti); a sud,
da Deir el Munassib alla depressione di El-Qattara, la 17ª Divisione di
Fanteria "Pavia" (gen. Nazareno Scattaglia) e la 185ª Divisione
Paracadutisti "Folgore" (gen. Enrico Frattini).
Dietro questa prima linea c'erano le forze corazzate mobili: a nord la 15ª Panzer (gen.
Von Vaerst) e la 133ª Divisione Corazzata "Littorio" (gen. Bitossi);
al centro la 21ª Panzer (gen. Von Randow); a sud la 132ª
Divisione Corazzata "Ariete" (gen. Arena).
In posizioni arretrate lungo la costa, erano schierate la 90ª leggera tedesca
(gen. Von Sponeck), la 101ª Divisione Motorizzata "Trieste" (gen. La
Ferla) e 19ª la divisione Flak (gen. Burckhardt) della Luftwaffe,
ripartita in batterie assegnate alle tre divisioni combattenti.
L'intero schieramento ad El Alamein comprendeva in totale (ma i numeri variano
secondo le fonti): 104.000 uomini (circa 55.000 italiani), 751 pezzi di
artiglieria, 522 pezzi anticarro, 535 carri armati (242 tedeschi, 293
italiani), poche decine di autoblindo.
![]() |
El Alamein - M3 Grant |
L'VIII armata
britannica ad El Alamein, formata da inglesi, francesi, greci, australiani,
neozelandesi, indiani e sudafricani era costituita dal X corpo d'armata
corazzato (gen. Herbert Lumsden), comprensivo di due divisioni corazzate al
completo (1ª e 10ª) e di una con pochi reparti (8ª) posta in seconda schiera,
dal XIII corpo d'armata (gen. Brian Horrocks), costituito dalla 7ª divisione
corazzata e la 44ª e 50ª di fanteria, schierate sul braccio meridionale del
fronte; dal XXX corpo d'armata, costituito da cinque divisioni di fanteria; da
diversi supporti d'armata di consistenza equivalente ad un'altra divisione
motocorazzata, concentrati nel settore settentrionale, dove si sarebbero
portati i principali attacchi.
In totale: circa 200.000 uomini, 1200 carri armati, 400 autoblindo, 939 pezzi
di artiglieria, 1200 aerei da caccia e da bombardamento.
Già da queste cifre la sproporzione delle forze ad El Alamein è alquanto
evidente, se poi consideriamo anche la qualità degli armamenti la situazione
peggiora ulteriormente.
![]() |
El Alamein - Crusader II |
Le formazioni
corazzate alleate ad El Alamein disponevano di 265 carri medi M4
Sherman (32t, cannone da 75mm e corazza 15/76mm), 226 carri medi M3
Grant (27t, 2 cannoni, un 75mm più un 37mm, corazza 12/50mm) e 147
carri leggeri M3 Stuart (13t, cannone da 37mm e corazza
15/43mm) di costruzione americana, a cui si aggiungevano 269 carri incrociatore Crusader
II (20t, cannone da 40mm e corazza 14/50mm), 132 carri incrociatore Crusader
III (20t, cannone da 57mm e corazza 14/50mm), 203 carri per fanteria Valentine
III (18t, cannone da 40mm e corazza 8/60mm) e 6 carri per fanteria Matilda
II (27t, cannone da 40mm e corazza 20/78mm) inglesi.
I 535 carri dell'Asse ad El Alamein, comprendevano 239 carri mediM13/40 e M14/41 (14t,
cannone da 47mm e corazza 6/42), 20 carri leggeri L6/40 (7t,
cannone 20mm e corazza 6/30mm) italiani e 31 carri leggeri Pzkfw II (10t,
cannone da 20mm e corazza 5/35mm) tedeschi, nettamente inferiori ai carri
Sherman e Grant di costruzione americana ma anche ai Crusader inglesi, mentre
reggevano appena il confronto gli 85 carri medi Pzkfw III Ausf. J (23t,
cannone 50mm L/42 e corazza 16/50mm) e gli 88 carri medi Pzkfw III
Ausf. J¹ (23t, cannone 50mm L/60 e corazza 16/50mm).
![]() |
El Alamein - Semovente 75/18 M41 |
Gli unici
mezzi validi ad El Alamein erano i 34 semoventi 75/18 M41 (15t,
cannone 75/18mm e crazza 8/50mm) delle divisioni corazzate Ariete e Littorio,
che si dimostrarono estremamente efficaci contro le corazze dei carri Sherman e
Grant, e, da parte tedesca, erano superiori ai carri nemici i 30 carri mediPzkfw
IV Ausf. F2 (24t, cannone 75mm L43 e corazza 20/60mm) e gli 8 carri
medi Pzkfw IV Ausf. F (22t, cannone 75mm L24 e corazza
20/50mm).
Per quanto riguarda i cannoni anticarro, ad El Alamein gli italiani disponevano
del superato pezzo 47/32 "elefantino" e i tedeschi
dell'altrettanto inefficace 50mm Pak 38. Gli unici pezzi di rilievo
erano il cannone 88 FlaK, vero terrore dei carri nemici, il 76,2mm
Pak 36(r) e il cannone italiano 90/53, il miglior pezzo contraerei
pesante italiano, affidabile e potente, utilizzato anche come pezzo controcarri
(analogamente all'88 tedesco). Gli inglesi ad El Alamein erano dotati
dell'ottimo pezzo da 57mm entrato in servizio proprio nell'estate del '42, l'Ordnance
QF 6-pounder. L'artiglieria nemica era quantitativamente e qualitativamente
nettamente superiore, considerando anche che la maggior parte dell'artiglieria
italiana allineava ancora vecchi cannoni risalenti alla prima guerra mondiale.
![]() |
El Alamein - Pzkfw III Ausf. J |
Il 22
settembre Rommel tornò in Germania per curarsi un'infezione nasale e per
l'aggravarsi di disturbi al fegato, lasciando il comando al generale Georg
Stumme, un esperto di truppe corazzate. Rommel passò anche per Roma, chiedendo
l'invio ad El Alamein di rifornimenti e truppe in aiuto, senza ottenerli.
Intanto Montgomery preparava la sua offensiva ad El Alamein per il plenilunio
del 23 ottobre, quasi in concomitanza con l'"Operazione Torch",
lo sbarco anglo-americano in Marocco e Algeria con l'obiettivo di aprire un
secondo fronte alle spalle delle forze dell'Asse in Nord Africa, che il comando
USA aveva fissato per l'8 novembre. Le truppe Alleate ad El Alamein avrebbero
dovuto superare i campi minati in sole 10 ore, ossia prima dell'alba, per poter
evitare di essere ingabbiate ed annientate dal tiro incrociato dei difensori.
Inoltre, i carri di Rommel avrebbero sicuramente atteso quelli inglesi
all'uscita dei varchi creati attraverso i campi minati, cogliendoli, dunque,
non schierati in formazione da battaglia o, ancor peggio, disordinati dal tiro
dell'artiglieria avversaria.
![]() |
El Alamein - Pulizia dei campi minati |
Il generale
inglese adottò, quindi, una soluzione semplice: gli Alleati ad El Alamein non
avrebbero combattuto, come si era fatto in precedenza, nel tentativo di cercare
ed annientare i carri nemici, ma si dovevano creare dei corridoi
sufficientemente larghi lungo i campi minati, in modo tale da conquistare lo
spazio necessario per permettere alle divisioni corazzate di far valere la
propria superiorità.Montgomery preparò quindi le sue truppe a questo scopo e istruì accuratamente
le artiglierie per fornire loro il massimo appoggio possibile.Inoltre mise in atto una serie di diversivi nei mesi precedenti la battaglia di
El Alamein per sviare il comando nemico; venne fabbricato un falso oleodotto
per far pensare a un attacco non imminente, e molto più a sud del punto
prestabilito, in più, dei finti carri armati, costruiti con sagome di
compensato attaccate alle jeep, vennero dislocati a sud, mentre i carri
posizionati a nord, furono camuffati come camion da trasporto.
La battaglia finale di El Alamein
![]() |
El Alamein - Operazione Lightfoot |
All'offensiva
britannica si diede il nome di Operazione Lightfoot ("piede
leggero"): l'azione prevedeva una manovra a tenaglia condotta da fanteria
e forze corazzate lanciando due attacchi frontali a nord e a sud della linea
del fronte di El Alamein. Le cinque divisioni di fanterie del XXX corpo,
protette da un intensissmo fuoco di sbarramento delle artiglierie, dovevano
avanzare nel settore nord del fronte di El Alamein rompendo il primo
schieramento difensivo (fase di rottura), poi aprire due corridoi nei campi
minati ampi circa 10 km in corrispondenza di Kidney Ridge e Miteiriya (fase di
demolizione), per permettere alle divisioni corazzate del X Corpo il passaggio
oltre le prime linee dell'Asse. Allo stesso modo, contemporaneamente e con lo
stesso schema, la 44ª Divisione di fanteria avrebbe attaccato a sud del fronte
di El Alamein, nel settore compreso tra Qaret el Himeimat e Deir el Munassib in
corrispondenza del centro del settore tenuto dalla "Folgore", aprendo
i varchi attraverso cui lanciare i carri della 7ª Divisione corazzata, con lo
scopo di tenervi agganciate le locali riserve corazzate di Rommel, impedendo
quindi a queste di convergere verso il fronte nord dove l'attacco sarebbe stato
più intenso.
Una volta sopraffatta la linea di resistenza, le divisioni di fanteria si
sarebbero aperte per schierare i loro pezzi controcarro in attesa della
reazione delle forze mobili italo-tedesche. Respinti o logorati i carri
dell'Asse, queste ultime sarebbero state raggiunte e superate dalle ondate di
carri Sherman e Grant delle divisioni
corazzate, lanciate nei corridoi per travolgere in campo aperto e in profondità
le unità italo-tedesche rimanenti (fase di irruzione). Secondo Montgomery la
battaglia di El Alamein, se tutto fosse andato secondo i piani, sarebbe stata
decisa in pochi giorni, durò invece ben più del previsto, assumendo un
andamento del tutto diverso e senza cogliere il successo sperato, sarà quindi
necessaria una seconda operazione.
![]() |
El Alamein - Inglesi avanzano verso la linea di fuoco |
L'offensiva
ad El Alamein scattò puntuale la notte del 23 ottobre. Alle 20:40, centinaia di
cannoni iniziarono il tiro sulla prima linea italo-tedesca dell'intero fronte
scatenando l'inferno, il fronte di El Alamein si illuminò per tutta la sua
ampiezza, un fuoco martellante, incessante, la terra tremava sotto i colpi che
battevano il fronte distruggendo tutto, demolendo le postazioni e gli
appostamenti, interrompendo la rete di collegamenti a filo, annullando ogni
possibilità di rifornimento e di sgombero dei feriti. Le artiglierie dell'Asse
effettuarono solo un ridotto fuoco di controartiglieria per risparmiare le
munizioni che scarseggiavano, vedevano avvicinarsi sempre più la cortina di
fuoco prodotta dal nemico mentre gli uomini sulla prima linea attendevano nelle
buche l'immancabile avvio dell'assalto della fanteria nemica. Dopo un quarto
d'ora gli uomini delle fanterie inglesi uscivano dalle loro buche ed avanzavano
verso il punto in cui i colpi andavano ad infrangersi ed esplodere, e, alle
21:00 circa, arrivavano a contatto con quanto rimaneva dei capisaldi avanzati.
Nel settore nord la 9ª Divisione australiana, gli scozzesi della 51ª, i
neozelandesi della 2ª, la 1ª Divisione sudafricana e la 4ª indiana si scontrano
con le postazioni avanzate della 164ª Divisione di fanteria tedesca e della
102ª Divisione "Trento". Dietro di loro il rombo assordante dei
motori di circa 500 carri armati, in attesa che i genieri aprano i varchi.
L'attacco permise una prima penetrazione dei carri della 1ª e 10ª divisione
corazzata all'interno del dispositivo difensivo ma un pronto contrattacco della
"Trento", da parte del III battaglione del 61° Reggimento, appoggiato
dai cannoni del I e III gruppo del 46° Reggimento, riuscì a bloccare
l'offensiva e la forzatura si fermò a tre chilometri dalla linea difensiva.
A sud invece, dove le artiglierie della "Folgore" risposero
immediatamente al fuoco, la fanteria della 44ª Divisione inglese, col supporto
dei carri della 7ª riuscì a forzare in alcuni punti ma la loro avanzata fu
duramente contrastata dall'azione degli avamposti della "Folgore" che
resistettero tutta la notte fino ad essere completamente distrutti, così sia i
mezzi corazzati sia le truppe attaccanti rimasero bloccati in mezzo ai campi
minati.
![]() |
El Alamein - Linea Inglese |
Al mattino
del 24 ottobre Montgomery non poteva certamente essere soddisfatto
sull'andamento dell'attacco ad El Alamein: malgrado qualche piccolo successo il
grosso delle sue forze era ancora bloccato davanti ai campi minati antistanti
lo schieramento difensivo. Da parte dell'Asse vennero quindi lanciati una serie
di contrattacchi per ristabilire la linea del fronte di El Alamein.
A sud all'alba il 5° battaglione parà contrattaccava le forze penetrate nella
notte, le respingeva e rioccupava le proprie posizioni.
A nord anche la "Littorio" e la 15ª panzer contrattaccano le
infiltrazioni nemiche insieme alla 164ª e alla "Trento".
Alle 15:00 ad El Alamein l'attacco inglese riprendeva a nord, preceduto dal
solito fuoco delle artiglierie, riuscendo a progredire solo limitatamente. A
sud invece, verso le 18.00, con il supporto di alcuni carri della 21ª Panzer e
della "Ariete", la "Folgore" ristabilì anche il settore
centrale del suo fronte. Nel settore di Dier el Munassib, un pugno di
paracadutisti agli ordini del tenente colonello Marescotti Ruspoli sferrò un
secondo contrattacco per ristabilire definitivamente la situazione sul proprio
fronte ma l'azione riuscì solo parzialmente ed al prezzo di pesanti perdite,
nello scontro perse la vita lo stesso Ruspoli. In quelle ore cadde anche il
generale Stumme, stroncato da un'infarto mentre la sua vettura era finita sotto
il fuoco nemico e il generale von Thoma prese il comando delle forze dell'Asse
ad El Alamein.
Nella notte, verso le 22:30, la 10ª divisione corazzata riprende l'attacco in
corrispondenza del corridoio più a sud nel settore tenuto dalla divisione
"Trento", e allo stesso tempo un nuovo attacco viene sferrato contro
la "Folgore".
La mattina
del 25 ottobre la situazione che si era delineata ad El Alamein vedeva a nord
tre brigate corazzate inglesi che avevano superato i campi minati e si erano
attestate davanti alla linea di resistenza, al centro, davanti ai settori della
"Bologna" e della "Brescia" le posizioni erano rimaste
pressochè inalterate, mentre a sud l'attacco inglese non era riuscito a
praticare alcuna breccia.
![]() |
Carta topografica usata da Rommel a El Alamein |
L'offensiva britannica di El Alamein riprese. A nord un violento attacco
britannico puntò a superare l'altura del Kidney Ridge ma la reazione
italo-tedesca costrinse le truppe attaccanti a ripiegare, con forti perdite da
ambo le parti.
A sud i caposaldi tenuti dalla 11ª e dalla 12ª compagnia della
"Folgore" su Dier el Munassib, vennero attaccati due volte ma
riuscirono comunque a respingere il nemico. Durante la notte l'11ª compagnia,
investita da ogni lato, resisteva sino all'esaurimento delle munizioni,
contrassaltando con bombe a mano e all'arma bianca, e alle 4 del mattino del 26
resistevano ancora. La quasi totalità dei paracadutisti era caduta sulle
postazioni con in testa il proprio comandante, il capitano Costantino Ruspoli,
fratello del tenente colonnello caduto il giorno precedente, ma ancora una
volta l'attacco inglese non era riuscito.
Intanto Rommel, non appena gli venne comunicato l'inizio dell'offensiva inglese
ad El Alamein, era immediatamente partito per il fronte africano e, alle ore
23:25 del 25 ottobre, tutti i reparti dell'Asse sul fronte di El Alamein
ricevettero il messaggio «Ho ripreso il comando della Panzerarmee - Rommel».
Il 26 gli
Alleati ad El Alamein avevano perso 6.200 uomini contro i 2.500 dell'Asse, ma
mentre Rommel aveva solo 370 carri armati pronti all'azione, Montgomery ne
aveva ancora più di 900.
Il fallimento dell'offensiva a sud, dove gli attacchi contro la
"Folgore" erano stati tutti respinti, le forti perdite subite e il
fatto che non si era ancora verificata la rottura del fronte di El Alamein,
necessaria, secondo i piani, entro la notte del 24, indussero Montgomery a
sospendere le operazioni nel settore sud ed a dirigere tutte le sue forze in un
attacco nel settore nord ove la difesa aveva parzialmente ceduto. Quindi
rallentò momentaneamente il ritmo delle operazioni, per riorganizzare le forze
e far affluire le nuove riserve soprattutto nel settore nord, lui personalmente
avrebbe curato lo spostamento e la riorganizzazzione, in circa 36 ore, dei
60.000 uomini e delle migliaia di automezzi ormai accalcatisi nel saliente
prodotto da Lightfoot.
Dall'altra parte Rommel, preoccupato per l'affondamento di due cisterne di
carburante e convinto che lo sforzo principale degli Alleati si sarebbe
esercitato a nord del fronte di El Alamein, decise di muovere una parte delle
sue riserve corazzate nella zona di Sidi Abd el Rahaman. L'intera 90ª leggera,
la 21ª Panzer ed alcuni elementi dell'"Ariete" si
misero in marcia verso il saliente scavato dall'attacco britannico, la
"Trieste", si sarebbe schierata tra la 90ª ed il mare.
Montgomery ordinò agli australiani di attaccare con continuità il settore
costiero, da sud verso nord, per tenere occupati i comandi dell'Asse.
![]() |
El Alamein - Attacco degli Australiani e riorganizzazione britannica |
Nel corso
della giornata però l'azione riprese, Montgomery voleva comunque tenere
occupati i comandi dell'Asse. Nel settore nord del fronte di El Alamein un
attacco degli australiani, da sud verso nord, eliminò alcuni centri di fuoco
del 125° fanteria e della "Trento", riuscendo ad impadronirsi della
quota 28, mentre gli scozzesi della 51ª divisione occupavano il Kidney Ridge.
Questi due successi tattici materializzavano per gli inglesi, sia pure con
notevole ritardo, la coclusione della "fase di rottura". Mentre sul
fronte meridionale di El Alamein, ancora una volta l'attacco inglese portato
dalla 44ª divisione inglese venne fermato nei pressi di Deir el Munassib dai
paracadutisti della "Folgore".
Nella notte un gruppo di CR 42 condusse alcune azioni di attacco sia contro le
postazioni occupate dal nemico, sia contro il traffico ferroviario e stradale e
sui concentramenti di truppe nella zona della stazione di Alamein.
Il giorno
dopo, giunte in posizione la 90ª leggera e la 21ª Panzer, Rommel
scatenò il suo primo grande contrattacco con l'appoggio delle forze aeree.
L'attacco sferrato simultaneamente contro gli australiani e contro gli scozzesi
fu un disastro: 43 CR 42, insieme a numerosi MC 202 ed ME 109 tedeschi,
attaccarono con mitragliamento e bombe, sia la quota 28 che il Kidney Ridge, ma
la loro azione fu duramente contrastata da grosse formazioni di caccia
britannici; a terra, prima l'intervento di 90 bombardieri alleati, poi i
concentramenti dell'artiglieria nemica, infine il fuoco diretto di carri armati
e cannoni anticarro inglesi, impedirono ogni progressione e le colonne
d'attacco dovetterro ripiegare, dopo aver subito forti perdite in uomini e
mezzi. L'attacco era servito solo ad impoverire ulteriormente le già misere
scorte di munizioni e carburanti.
Quella sera
Rommel, convintosi che le sue unità ad El Alamein non fossero oramai più in
grado nè di respingere gli avversari nè di far fronte a nuovi attacchi, pensò
di far ripiegare i reparti su posizioni più arretrate. Quindi chiamò il
quartier generale del Fuhrer per esporre la situazione di El Alamein e chiedere
rinforzi consistenti e rapidi. Ma l'attenzione dei potenti era tutta rivolta a
Stalingrado: a Rommel ad El Alamein non si concesse neanche un reggimento di
fanteria che in quel momento era inutilizzato a Creta, gli fu anzi ordinato di
mantenere a qualunque costo l'attuale fronte. Perciò non fu possibile un
arretramento della linea di El Alamein, anche perchè la pressione avversaria
continuava e quindi impediva di rompere il contatto, pena il collasso della
linea di difesa.
![]() |
El Alamein - Panzer III J in movimento |
Intanto l'attacco proseguiva, la mattina del 28 neozelandesi e scozzesi
annientarono un caposaldo della posizione di resistenza della
"Trento", a sud di el Wiska, ma un ennesimo contrattacco di carri e
semoventi della "Littorio" ripristinò a stento la situazione. Alla
sera, dopo un'ora di intenso fuoco di artiglieria, gli australiani lanciarono
un nuovo attacco contro le postazioni italo-tedesche, per scardinare le difese
e proseguire poi sino ad Abd el Rahman, ma ancora una volta furono fermati e
respinti.
Nei giorni seguenti gli australiani reiterarono il loro attacco più volte,
sempre sostenuti da violente azioni di fuoco dell'artiglieria, ma furono sempre
contrattaccati e respinti. Questa situazione di attacchi e contrattacchi ad El
Alamein durò fino alla fine di ottobre, senza alcun risultato di rilievo né da
una parte né dall'altra: un logorio continuo di uomini e di mezzi che riuscì a
mettere in crisi l'intero settore costiero dell'Asse, richiamandovi
l'attenzione di pressochè tutte le forze corazzate italo-tedesche.
![]() |
El Alamein - Operazione Supercharge e sfondamento del fronte |
Il 1°
Novembre, dopo 8 giorni di combattimenti, nonostante la sproporzione delle
forze, la difesa non era stata ancora infranta e le unità italo-tedesche ad El
Alamein, benchè provate e pesantemente decimate, continuavano a tenere.
Montgomery decise allora di trattenere sulla costa tutte le riserve mobili di
Rommel e, mentre esse erano impegnate a contrastare l'impeto degli Aussies,
attaccare decisamente verso ovest, su Tell el Aqqaqir, partiva l'Operazione
Supercharge.
Il nuovo assalto britannico di El Alamein, comeLightfoot, avrebbe
ricercato la rottura del fronte con massicci attacchi delle fanterie. Questa
volta l'attacco decisivo doveva essere portato nel punto di congiunzione tra lo
schieramento tedesco e quello italiano. Ottenuta una falla ampia almeno 4 km e
completamente sminata, i carri avrebbero distrutto le ultime forze corazzate
nemiche. L'azione di rottura sarebbe stata sostenuta da una cortina prodotta da
192 cannoni campali; altri 168 cannoni avrebbero distrutto i residui capisaldi
dell'Asse. Nel'operazione gli Alleati avrebbero impiegato 570 carri. A Rommel
ne restavano in quel momento solo 167 efficienti, dei quali 65 erano italiani.
Il 2 Novembre, all'una del mattino, dopo tre ore di intenso e violento
bombardamento di aviazione e artiglieria, Montgomery, riordinate ancora una
volta le proprie forze, lanciò l'attacco decisivo e finale di El Alamein.
Mentre la 9ª divisione australiana effettuò un attacco diversivo in direzione
della costa, più a sud i neozelandesi e gli scozzesi riuscirono ad incunearsi
tra la "Trieste" e la "Littorio", la frattura del fronte di
El Alamein venne conseguita. Le fanterie italo-tedesche non avevano ormai più
nulla da opporre all'avversario.
Subito dopo, tra le fanterie, apparvero sulla scena i 132 carri della 9ª
brigata corazzata (2ª divisione neozelandese), che, passando attraverso un
varco creato nei campi minati, si schierarono in perfetto ordine lineare
protetti dalla cortina di fumo innalzata dalle loro artiglierie. Dovevano
aprire la strada alle divisioni corazzate del X Corpo d'Armata (1ª e 10ª). Il
tiro nebbiogeno si spostava di 100 metri ogni tre minuti e lentamente i carri
lo seguivano, mantenendo l'allineamento.
![]() |
El Alamein - 88 Flak in azione |
Intanto
dall'altra parte della cortina di fumo e fiamme, si approntava uno schieramento
controcarri di emergenza, a forma di mezzaluna con la concavità rivolta verso
il nemico: circa 20 micidiali pezzi da 88, qualche altro pezzo anticarro di
calibro minore e gli ultimi carri disponibili sul posto, che vennero
prontamente interrati.
Quando la 9ª brigata stava per giungere nei pressi della pista Rahman, venne a
contatto con le difese anticarro tedesche. Fu una battaglia eroica e feroce: la
9ª brigata non raggiunse gli obiettivi topografici che le erano stati assegnati
e rimase con soli 19 carri intatti, tuttavia il suo sacrificio non fu vano, dal
momento che le altre divisioni corazzate inglesi riuscirono a passare
attraverso lo schieramento nemico e ad ingaggiare battaglia. Alla fine del
combattimento sul campo di battaglia non vi erano più forze dell'Asse; quattro
battaglioni di fanteria e i carri della "Littorio", si erano come
volatilizzati; 35 relitti di cannoni anticarro italo-tedeschi restavano a
contrassegnare il luogo della loro ultima resistenza.
![]() |
El Alamein - Un Ord. QF 6-pounder in posizione |
Un atto
doveva ancora compiersi prima della fine ad El Alamein: la reazione dinamica
delle ultime riserve mobili dell'Asse, fino a quel momento impegnate più a nord
per suturare la penetrazione compiuta dagli australiani. Il comandante del Deutsche
Afrika Korps, generale Ritter von Thoma, lanciò in combattimento tutti i mezzi
corazzati ancora a sua disposizione nel tentativo di fermare gli inglesi: i
resti della 15ª e 21ª Panzer nonchè i pochi carri italiani
rimasti della "Littorio" e della "Trieste", in tutto 120,
contrattaccarono il saliente dove circa 250 carri li attendevano con il
supporto di tutti i pezzi controcarro divisionali. Fu un'aspra e furibonda
battaglia di carri armati che durò tutta la giornata, le forze dell'Asse non
riuscirono a ricacciare l'avversario ma l'assalto venne temporaneamente
bloccato. Allo strapotere dei carri britannici si aggiunsero anche gli effetti
di ben sette incursioni di 18 bombardieri della Desert Air Force.
La "Littorio" rimase con solo due compagnie di bersaglieri e con meno
di 20 carri, la "Trieste" perse al completo un reggimento di fanteria
ed il battaglione carri con gran parte delle artiglierie divisionali. A fine
giornata von Thoma riferì personalmente a Rommel che l'armata era rimasta con
35 carri, che le forze di fanteria erano dimezzate, che di pezzi da 88 mm ne
restavano un pugno e che un'altra nave cisterna era stata affondata nel canale
di Sicilia. Nel suo rapporto Rommel avrebbe scritto: «i carri armati della
"Littorio" e della "Trieste" venivano abbattuti uno dopo
l'altro dal fuoco controcarro degli inglesi». Decise per lo sganciamento ed
il ripiegamento sulle retrostanti posizioni di Fuka. La battaglia di El Alamein
era perduta e la ritirata inevitabile; al quartier generale di Rommel giungeva
frattanto la risposta di Hitler alla richiesta di autorizzazzione alla ritirata
da El Alamein: «[...] non sarebbe la prima volta nella storia che la
volontà più forte trionfa sui più forti battaglioni del nemico. Alle vostre
truppe non potete indicare altra via se non quella che conduce alla vittoria o
alla morte».
Il 3 novembre
fu di calma relativa, le divisioni "Littorio", "Trieste" ed
"Ariete" ricevettero l'ordine di ritornare in prima linea e prendere
contatto con il nemico, poi, nella notte, Rommel ordinò l'inizio del
ripiegamento da El Alamein.
![]() |
El Alamein - Carri della Littorio in movimento |
Nel frattempo Montgomery ordinò una manovra di aggiramento della sacca di Tell
el Aqqaqir ed un attacco generale tra la costa e la depressione di Deir Abu
Busat.
Il 4 novembre, alle 7 del mattino, gli alleati riprendevano l'offensiva ad El
Alamein.
A nord la 9ª divisione australiana riprese ad avanzare verso la costa, ove
trovò sguarnite le posizioni avversarie, poichè la fanteria tedesca ed i
bersaglieri le avevano abbandonate, la reazione della 90ª divisione leggera li
fermò ancora una volta ma la pressione alleata era troppo forte e dovettero
cedere. Più a sud, la 1ª e la 10ª divisione corazzata britannica puntarono
contro il Deutsche Afrika Korps, concentrando lo sforzo al punto di giunzione
tra la 15ª e la 21ª Panzer riuscendo a passare e minacciando così di avvolgimento
ciò che rimaneva delle due divisioni. La 2ª divisione neozelandese e la 7ª
divisione corazzata inglese lanciarono l'azione contro i limiti di saldatura
fra i resti della "Trento" e l'"Ariete", e tra questa e la
15ª Panzer. Anche le divisioni "Brescia" e "Pavia" avevano
ceduto. La divisione corazzata "Ariete" si ritrovò isolata, mentre la
"Littorio" continuava a battersi con gli ultimi carri rimasti in
organico.
Proprio la divisione "Ariete" insieme ai resti della
"Littorio" e della 15ª Panzer vennero impiegate per coprire la
ritirata alle altre forze. I combattimenti difensivi di retroguardia si
proponevano soltanto di guadagnare qualche ora per i commilitoni in
ripiegamento e proprio per questo assunsero un valore eroico.
Il sacrificio dell'Ariete ad El Alamein
![]() |
El Alamein - Colonna di carri della "Ariete" |
All'alba del
3 novembre l'"Ariete", tornata a nord, si preparò a chiudere il varco
aperto nella linea italo-tedesca di El Alamein. Nella giornata del 4 novembre i
carristi dell'"Ariete" si sacrificarono fino all'ultimo; premuta di
fronte, superata sulle ali ed aggitrata dai carri Sherman che l'attaccavano sui
rovesci la divisione "Ariete" si consumò sul posto. Nel combattimento
furono annientati tutti i battaglioni carri, tranne il XIII, il reggimento
bersaglieri e le batterie di semoventi. Il 6 novembre, presso Fuka, anche il
XIII Battaglione Carristi M venne impegnato da forze nemiche soverchianti e
distrutto.
Dalle memorie del generale Rommel su El Alamein: «A sud del comando si
vedevano grandi nuvole di polvere. Qui si svolgeva la disperata lotta dei
piccoli e scadenti carri armati italiani contro circa 100 carri pesanti
britannici [...]. Come riferì più tardi il maggiore von Luck, da me mandato sul
posto, gli italiani combatterono con straordinario valore [...] uno dopo
l'altro i carri armati esplodevano o si incendiavano. Verso le 15:30 giunse
l'ultimo messaggio radio dell'Ariete: "Carri armati nemici fatta irruzione
a sud dell'Ariete; con ciò Ariete accerchiata. Trovasi a circa 5 km a
nord-ovest di Bir el Abd. Carri Ariete combattono". La sera del 4 novembre
il Corpo d'Armata Corazzato Italiano, dopo valorosa lotta, era annientato. Con
l'Ariete perdemmo i nostri più anziani camerati italiani, ai quali, bisogna
riconoscerlo, avevamo sempre chiesto più di quello che erano in grado di fare
con il loro cattivo armamento».
La ritirata da El Alamein
Tra il 3 e il 4 novembre le forze dell'Asse, non più in grado di opporre resistenza organizzata, iniziarono il ripiegamento da El Alamein che riuscì parzialmente ai reparti dell'ala settentrionale più vicini alla camionabile costiera, e soprattutto alle truppe tedesche che erano motorizzate. Per le divisioni di fanteria italiane ad El Alamein, non motorizzate, che procedevano a piedi e dai lontani settori del fronte meridionale di El Alamein era preclusa ogni via di fuga. La "Trento", la "Bologna", la "Pavia", la "Brescia" vennero facilmente superate, aggirate e distrutte dalle unità corazzate e meccanizzate britanniche, e nella ritirata andò perduta anche l'invitta "Folgore", lungo il cui fronte il nemico non era mai riuscito a sfondare. La divisione "Trento" iniziò il ripiegamento verso ovest il 3 novembre, al mattino del 4 novembre i reparti superstiti furono investiti dalla 2ª divisione neozelandese, l'ultimo messaggio radio della divisione, alle ore 13, diceva: «munizioni quasi esaurite. Le spareremo tutte sul posto».
![]() |
El Alamein - Panzer IV F abbattuto |
I giorni
successivi le unità superstiti ad El Alamein, che muovevano per lo più a piedi,
premute dal nemico da ogni prte, senza viveri ne acqua, continuarono a
combattere sino al limite delle possibilità, in parte riuscendo a sfuggire al
nemico, in parte cadendo in combattimento o venendo costrette alla resa. Oltre
30000 soldati si dovettero arrendere. Molti di più riuscirono però a ripiegare
da El Alamein, sia per le capacità tattiche di Rommel, che per l'estrema
prudenza di Montgomery. Probabilmente Rommel sarebbe riuscito a salvare molti
più uomini ad El Alamein se Hitler non lo avesse obbligato a resistere sul
posto "fino all'ultimo uomo" e solo in un secondo tempo gli
avesse concesso la libertà di sganciarsi.
Il 6 novembre le forze italo-tedesche di El Alamein ripiegarono su Marsa
Matruh; il 12 venne raggiunta la linea Tobruk-el Adem.
Con successivi spostamenti a scaglioni, e sempre combattendo, le residue forze
italo-tedesche di El Alamein condotte magistralmente avrebbero raggiunto la
Tunisia, dove la lotta sarebbe riarsa, ormai senza speranza, fino all'aprile
1943.
La fine della Folgore
Quando si parla della battaglia di El Alamein si pensa subito a due nomi: Rommel e "Folgore".
La divisione paracadutisti italiana si battè valorosamente ad El Alamein, ma
anche le altre divisioni italiane si comportarono altrettanto valorosamente. Lo
stesso Rommel nutriva stima nei confronti dei soldati italiani, in merito al
valore del nostro soldato ad El Alamein molte fonti gli attribuiscono la
celebre frase: «Il soldato tedesco ha stupito il mondo, il bersagliere
italiano ha stupito il soldato tedesco».
Nelle sue memorie su El Alamein ha aggiunto: «[...] avevamo chiesto
troppo ai nostri camerati italiani. Con il loro armamento debole e scadente non
avrebbero potuto fare di più, ne si capisce come abbiano potuto farlo».
Molte le testimonianze sul valore delle truppe italiane ad El Alamein, il 25
ottobre, appena tornato ad El Alamein, al colonnello Westphal che lo
ragguagliava sulla situazione, Rommel chiese: «[...] e gli italiani,
cosa fanno gli italiani?»; il colonnello rispose: «Signor Generale
Feldmaresciallo, gli italiani si battono oltre il limite dell'inverosimile».
Resta senzaltro indiscusso il comportamento eroico della divisione
"Folgore" che durante la battaglia di El Alamein resistette
all'attacco portato da ben tre divisioni britanniche, una corazzata e due di
fanteria, basterà ricordare che tra la sera del 23 ottobre e quella del 28, in
5 giorni di combattimento ad El Alamein, la divisione folgore perse 39
ufficiali e 560 tra sottufficiali, graduati e paracadutisti caduti o feriti. Su
12 comandanti presenti in linea, 8 erano morti e 2 feriti. Davanti alle loro
posizioni gli inglesi avevano lasciato 70 carri distrutti, più di 600 caduti e
197 prigionieri, di cui 23 ufficiali.
Tanto valore suscitò il rispetto e l'ammirazione anche da parte degli stessi
nemici britannici. Un ufficiale superiore inglese, preso prigioniero dai
paracadutisti nei combattimenti del 27 ottobre, presentandosi al comandante del
187° reggimento della "Folgore" gli disse: «Credevamo di doverci
battere contro degli uomini, per quanto famosi, e ci siamo urtati a dei
macigni. Ogni vostro soldato, Signore, è un eroe».
![]() |
Targa commemorativa alla Corte d'Onore del Sacrario Militare Italiano a El Alamein |
La fine della
divisione non avvenne nei lembi di deserto che aveva avuto l'ordine di
difendere, bensì durante il successivo ripiegamento da El Alamein (che per essa
iniziò alle 2 di notte del 3 novembre), durante il quale i decimati reparti di
paracadutisti, senza autocarri, privi di tutto, acqua compresa (riservata solo
alla retroguardia combattente in ragione di mezzo litro per uomo), marciarono
nel deserto a piedi, trasportando a braccia i loro pezzi anticarro superstiti e
le poche mitragliatrici. Alle 2 del pomeriggio seguente i sopravvissuti erano
già accerchiati e gli inglesi offrivano la resa. I paracadutisti risposero con
il grido "FOLGORE!" ed aprirono il fuoco mettendoli in fuga. Dopo due
giorni di marcia nel deserto, alle 14:35 del 6 novembre, dopo aver rintuzzato
tutti gli attacchi nemici, esaurite tutte le munizioni e distrutte le armi, gli
ultimi superstiti del 187° reggimento si arresero, ma non vollero mostrare
bandiera bianca nè alzare le mani al nemico. Passarono in riga con l'onore
delle armi, sui 5000 effettivi dell'organico iniziale ad El Alamein, nei
ranghi, in piedi vi erano 32 ufficiali e 272 paracaditisti.
Il comandante della "Folgore", generale Frattini, dopo la resa viene
accompagnato nelle retrovie inglesi di El Alamein ed un interprete gli chiede:
«Lei è il comandante della Folgore? Un generale inglese desidera salutarla».
Si presenta il generale Hugues, comandante della 44ª divisione fanteria
britannica, quella che aveva attaccato senza successo le posizioni della
"Folgore", «Si era sparsa la voce che il comandante della Folgore
fosse caduto», disse Hugues, «Ho saputo che non è vero, e voglio dirle
che sono contento», Frattini ringraziò, «Volevo dirle anche che nella
mia lunga vita militare mai avevo incontrato soldati come quelli della Folgore»,
Frattini ringraziò ancora una volta poi si salutarono e si separarono.
Da parte britannica i riconoscimenti del valore italiano ad El Alamein non
mancarono:
«Gli italiani si sono battuti molto bene ed in modo particolare la divisione
Folgore, che ha resistito al di là di ogni possibile speranza.» - (BBC 8
novembre 1942)
«I resti della divisione Folgore hanno resistito oltre ogni limite delle
possibilità umane.» - (Radio Londra 11 novembre 1942)
«Gli ultimi superstiti della Folgore sono stati raccolti esanimi nel
deserto. La Folgore è caduta con le armi in pugno. Nessuno si è arreso. Nessuno
si è fatto disarmare.» - (BBC 3 dicembre 1942)
«Dobbiamo davvero inchinarci davanti ai resti di quelli che furono i leoni
della Folgore.» - (discorso alla Camera dei Comuni del Primo Ministro Churchill)
Il sacrario di El Alamein
Alla fine della battaglia di El Alamein l'Asse lamentava la perdita di 25.000 uomini tra morti, feriti e dispersi e circa 500 carri armati, oltre a 30.000 prigionieri, 20.000 italiani e 10.000 tedeschi, compreso il comandante dell'Afrika Korps, generale von Thoma. Gli inglesi persero 13.560 uomini, tra morti, dispersi e feriti e 600 carri armati fuori combattimento. Vista l'enorme sproporzione di forze in uomini e mezzi all'inizio della battaglia di El Alamein, le perdite inglesi sono da ritenersi troppo alte.
Nei dintorni di El Alamein sono stati eretti diversi sacrari in ricordo dei
caduti, i principali sono: il Sacrario Militare Italiano di El Alamein,
costituito principalmente da una torre ottagonale alta circa 30 metri e dalla
Base Italiana di Quota 33, che ospita le spoglie di circa 5.000 caduti Italiani
ad El Alamein; il Cimitero del Commonwealth, che consiste in file parallele di
lapidi, con le tombe dei soldati dei vari paesi che hanno combattuto insieme ai
britannici ad El Alamein; il Sacrario Tedesco di El Alamein, costruito nello
stile di una fortezza medioevale, contenente i resti di 4.200 soldati tedeschi.
![]() |
El Alamein - Base Italiana di Quota 33 |
![]() |
El Alamein - Cimitero del Commonwealth |
![]() |
El Alamein - Sacrario Tedesco |
Si deve a
Paolo Caccia Dominioni, all'epoca maggiore e comandante del 31° battaglione
guastatori del genio che combattè a fianco della "Folgore" ad El
Alamein, se, dopo quattordici anni di duro e ignorato lavoro nei luoghi della
battaglia di El Alamein, è sorto un sacrario, da lui progettato e costruito,
che raccoglie i resti di 4.814 caduti italiani e 232 ascari libici, che ora
hanno una degna collocazione insieme al cimitero inglese e al sacrario tedesco
ad El Alamein.
![]() |
Il Maggiore Paolo Caccia Dominioni |
Dopo la fine
della Seconda Guerra Mondiale si assunse volontariamente l'incarico di
ricercare le salme dei caduti di ogni nazione disperse tra le sabbie del
deserto egiziano ad El Alamein, condusse personalmente le ricerche tra i campi
minati ancora attivi, venendo coinvolto per ben due volte nell’esplosione delle
mine, sulle quali un suo gregario fu seriamente ferito e ben sei suoi
collaboratori beduini rimasero uccisi.
Sino ad allora, nelle vicinanze di El Alamein, su iniziativa degli inglesi, era
stato creato un cimitero, ad opera di 47 prigionieri di guerra italiani, tra
cui il sergente maggiore Pellicciotta ed il sergente Pietrangeli, che dal 1943
all'agosto del 1945 avevano lavorato volontariamente nell'opera di raccolta e
recupero delle salme semisepolte o ancora giacenti sul terreno. Avevano perso
tre dei loro sui campi minati ed erano riusciti a riunire quasi 5.000 caduti,
tra Italiani e Tedeschi, su di un'ampia superficie, sotto la "Quota 33".
La "Quota 33" di Tell el Eisa fu conquistata dai
"marò" del "San Marco" alla fine della corsa da Tobruk ad
El Alamein e vi si era schierato il LII Gruppo Cannoni da 152/37. All'alba del
10 luglio 1942 fu contrattaccato e travolto dagli australiani della 9ª
Divisione che catturarono le artiglierie. La riconquista della posizione fu
affidata alla 3ª compagnia dell'XI battaglione carri della Divisione
"TRIESTE", capitano Vittorio Bulgarelli: 19 carri M13 ed M14 si
lanciarono allo scoperto, presi sotto tiro dai 57 controcarro australiani.
Furono colpiti uno dopo l'altro, solo uno aveva continuato la corsa verso la
quota, l'aveva raggiunta e sorpassata, sempre sparando, ed era scomparso alla
vista. La sua targa era RE 3700.
Quando nel 1948, tornato ad El Alamein dopo sei anni, il maggiore Paolo Caccia
Dominioni giunge davanti a "Quota 33" ha quello stesso carro
davanti agli occhi, nel punto dove un proiettile anticarro lo aveva centrato
fermando la sua folle ed eroica corsa. Il relitto arrugginito dello scafo è sul
lato nord della strada, verso il mare, mentre la torretta, divelta dallo
scoppio della granata, giace capovolta dall’altra parte della strada, con il
suo pezzo e con le sue mitragliatrici binate, tra le mine ancora attive del
vecchio campo minato. Più in là cinquemila croci nel deserto, lo spettacolo che
gli si para davanti è solenne.
Ma nel deserto giacevano ancora a migliaia di caduti che dovevano essere
raccolti, bisognava salvare le tombe dal degrado del tempo e dalle profanazioni
occasionali o commesse per fanatismo, correggere i nomi sbagliati, identificare,
se possibile, gli ignoti. Il maggiore si mise subito al lavoro, sistemò la
"Quota 33" come base logistica ed ufficio e costruì una serie di
edifici di raccordo tra il cimitero e la litoranea: alcuni depositi, un piccolo
museo, una base tedesca ed una "Corte d'Onore", ad arcate, in cui
costruì un basamento di pietra a forma di scafo di carro M13 e vi installò
sopra la torretta e la targa del carro RE 3700.
![]() |
El Alamein - Monumento al Carrista nel Deserto |
Il 4 ottobre
1950 lo raggiunge il guastatore Renato Chiodini, anche lui reduce del 31°
battaglione guastatori ad El Alamein, che si era offerto di "dare una
mano" sino alla fine della missione.
Nel 1955 si decide di sostituire il cimitero di "Quota 33" con un
grande Sacrario e l'anno dopo, terminata la progettazione, l'ingegner Dominioni
inizia i lavori di costruzione del Sacrario di El Alamein. La ricerca delle
salme, la costruzione e messa a punto del Nuovo Sacrario di El Alamein
continueranno sino a tutto il 1962.
In 14 anni di impegno e dedizione l'opera del comandante Paolo Caccia
Dominioni, del guastatore Renato Chiodini e dei loro collaboratori beduini si
sintetizza in 360.000 km di ricognizione nel deserto, di cui più di 100.000 in
zone minate, con feriti e caduti; in oltre 1.500 salme Italiane, unitamente a
più di 300 di altra nazionalità, recuperate dai campi di battaglia e in circa
1.000 caduti senza nome identificati.
Le statistiche ufficiali affermano che in terra egiziana sono caduti 5.920
soldati italiani. Le salme reperite sono state 4.825, delle quali 11
successivamente rimpatriate e 4.814 tumulate nel Sacrario di El Alamein. Di
esse 2.465 hanno un nome, 2.349 rimarranno ignote per sempre. Mancano purtroppo
le spoglie di 1.095 soldati mai ritrovate e che rimarranno "disperse"
in eterno.
Il Colonnello Paolo Caccia Dominioni di Sillavengo, ingegnere, architetto,
scrittore ed artista, più volte decorato al valore militare, ha lasciato
mirabile traccia di sé e si è spento a Roma, Policlinico Militare del Celio, il
12 agosto 1992, nel 2002, in occasione della cerimonia commemorativa del 60°
anniversario delle battaglie di El Alamein gli è stata conferita la Medaglia
d’Oro al Valore dell’Esercito "alla memoria".
![]() |
El Alamein - Cippo a 111 km da Alessandria |
Il Sacrario
di El Alamein è costituito da tre distinti blocchi di costruzioni: lungo la
strada il porticato d'ingresso al Sacrario con la Corte d'Onore alla cui
sinistra si trova il cimitero degli Ascari libici e la annessa moschea, e alla
destra alcuni edifici di servizio, un piccolo museo contenente cimeli bellici
ritrovati durante la ricerca delle salme e una sala di proiezione; dal
porticato della Corte d'Onore, al cui interno si trova il "Monumento al
Carrista nel Deserto", si accede a una strada in leggera salita, contornata
da cespugli e cippi che ricordano le divisioni italiane impegnate nella
battaglia di El Alamein, che conduce alla collinetta della torre del Sacrario
vero e proprio; una bianca torre ottagonale alta circa 30 metri, leggermente
rastremata verso l'alto che si allarga alla base in un ampio padiglione
all'interno del quale sono custoditi i resti dei soldati italiani; su una
collinetta ad ovest della torre del Sacrario, a circa 500 metri, sorge la torre
"Quota 33" a ricordo perenne del sacrificio italiano ad El
Alamein.
Poco distante dal Sacrario di El Alamein, ai margini della strada litoranea a
111 chilometri da Alessandria, su un cippo, la famosa iscrizione, fatta dai
bersaglieri del 7° Reggimento il 1° luglio 1942, indica il punto di massima
avanzata dell'esercito italiano e ricorda che agli italiani caduti nella
battaglia di El Alamein, spesso condotta senza gli adeguati mezzi, «Mancò la
fortuna, non il valore».
Le conseguenze
Con la vittoria in Africa, gli Alleati ottennero almeno tre risultati: il crollo della volontà combattiva dell'Italia; l'apertura di un nuovo fronte aereo (i bombardieri a lungo raggio potevano ora raggiungere sia i pozzi petroliferi rumeni sia le industrie metallurgiche italiane e bavaresi); una sostanziale attenuazione delle riserve dei Sovietici sulle effettive intenzioni dei loro alleati occidentali. La conquista dell'Africa, inoltre, mise gli alleati in condizione di scegliere dove e quando attaccare il continente europeo. L'impossibilità di prevedere con certezza la direzione che avrebbero assunto, costrinse la Germania a disperdere importanti forze di riserva sulle spiagge meridionali d'Europa ed a presidio dell'Italia.
Petrolio e vecchia Europa
Tra gli errori commessi da Hitler nella condotta della guerra, vi è senz'altro la scarsa importanza attribuita al delicato fronte mediterraneo, lasciato sostanzialmente alle deboli forze dell'Alleato italiano. Una più energica iniziativa militare e diplomatica nel meridione, che avesse portato l'Asse ad impadronirsi di Gibilterra, di Malta, di Alessandria e delle posizioni britanniche nel Madio Oriente nei primi mesi del conflitto, avrebbe dato senz'altro, da un punto di vista strategico, una svolta differente alla guerra.
Ad El
Alamein, come osservava Barnett, che ha dedicato la sua opera di studioso alle
vicende della guerra in Africa, «è condensato ironicamente il suicidio della
vecchia Europa: perchè oggi nè tedeschi, nè italiani, nè inglesi controllano
più il Medio Oriente, per il quale hanno così duramente combattuto». Del
loro superbo colonialismo, dei loro grandiosi progetti di espansione e di
dominio, rimangono, in quel lembo di deserto torrido di giorno e gelido di
notte che si affaccia sul limpido mare, tre cimiteri e monumenti di guerra: un
castello svevo per i tedeschi, un prato all'inglese per i britannici, un'alta
torre bianca per gli italiani.
Se avesse vinto la "volpe del deserto"?
Vincere una battaglia difensiva in condizioni di così grande svantaggio sarebbe stato già un risultato importante, se non altro per le positive ripercussioni che la vittoria avrebbe prodotto sulle popolazioni tedesche ed italiane. Ma perchè potessero verificarsi ulteriori favorevoli sviluppi militari in Africa, sarebbero comunque stati necessari mezzi e rifornimenti che in quel momento l'Asse non poteva, o non voleva, distogliere da altri impieghi.
Se avesse
vinto, quindi, Rommel avrebbe colto la prima occasione per ritirarsi a Sollum,
accorciando sensibilmente le sue linee logistiche e costringendo Montgomery ad
un cambio di posizione di aereoporti e depositi: la successiva offensiva
britannica, che sarebbe stata ancora più massiccia e questa volta sostenuta, da
ovest, dall'avanzata delle forze americane sbarcate nelle colonie francesi,
sarebbe stata solo ritardata.
Nessun commento:
Posta un commento